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L’advertising ai tempi del coronavirus

Crescono i numeri della tv e dei media digitali, ma si registra un calo della spesa in comunicazione. Ma vi spieghiamo perché non è il momento di dimenticarsi dell’advertising. In queste complicatissime settimane per il Paese, alle prese con il Coronavirus, i numeri dei media digitali (e anche della tv) stanno crescendo moltissimo. E questo accade per due ragioni connesse tra di loro. Da una parte, la necessità di informarsi: cerchiamo costantemente notizie sull’andamento della pandemia, sul numero di contagi, o su quali saranno le misure adottate per arginarne la diffusione. Dall’altra, ci troviamo tutti tutti forzatamente a casa e quindi svolgiamo online parecchie attività. Dal tempo trascorso sui social media allo smart working, passando per servizi di streaming e siti o app per aiutarci a scandire il tempo sulla base degli interessi di ognuno. Pensiamo alle app che propongono allenamenti in casa o diverse ricette da provare.  Si tratta di una vera e propria impennata di traffico, che tuttavia non si traduce automaticamente in maggiori ricavi per ogni settore. Con l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, già diverse aziende hanno deciso di rimandare o sospendere le loro attività di comunicazione.  Cosa spinge ad annullare le campagne?  Gli utenti sono aumentati di molto, in alcuni casi più del 100% rispetto alle medie del periodo, ma preoccupa la “bassa monetizzabilità” del traffico generato, considerato il numero crescente di contenuti che trattano minuziosamente l’argomento Coronavirus. Cos’è che ha spinto tante aziende a rimandare o ad annullare le campagne? Il timore di vedere il proprio marchio o il proprio prodotto associato ad una pandemia globale. E in effetti è tutt’altro che desiderabile.  L’importanza di essere presenti, adesso Sono tanti i settori penalizzati, dai trasporti al cinema, ma anche turismo e lusso. La scelta di non esserci e di rimandare la propria comunicazione a un tempo migliore è comprensibile. Eppure non sono pochi neanche i brand che hanno scelto di essere presenti, adeguando il “tono di voce” delle proprie campagne a questo momento d’emergenza. Come? Facendo sentire la propria vicinanza alle persone, trattando tematiche più informative o valoriali. A distinguersi in questa fase sono aziende come Banca Intesa, Acea, Poste Italiane, ma anche Toyota, e la lista è destinata ad allungarsi. Insomma, usare un tone of voice corretto e adeguato al momento difficile può essere una grande opportunità in termini di comunicazione. Prima o poi la situazione migliorerà, come sta succedendo in Cina dove si registra una sorta di consumo “di ritorno” per ritornare poco alla volta alla normalità. Ecco perché è importante continuare mostrare la propria vicinanza ai consumatori in questa fase di emergenza: serve ad incrementare la loro fiducia e promette un ritorno nel medio periodo. Perché scegliere il programmatic advertising in questo momento L’incremento generalizzato dell’audience che si registra in questo periodo riguarda soprattutto i settori news e quelli dell’intrattenimento. La forma di advertising più premiata in questo momento è il programmatic advertising. È una tecnica di acquisto di pubblicità che unisce in tempo reale domanda e offerta. Proprio per questo consente di ottimizzare gli investimenti raggiungendo esclusivamente i contatti corrispondenti al target individuato. Perché va meglio rispetto alle altre forme di advertising in questo periodo? Perché mostra il contenuto che l’utente vuole vedere, nel momento in cui vuole vederlo.  Vuoi saperne di più? Contattaci subito!

Perché Netflix e YouTube abbandonano l’alta definizione

Parliamo di rete e parliamo di piattaforme che utilizziamo tutti i giorni per guardare contenuti in streaming. La notizia è di qualche giorno fa, ma è importante il ruolo del web in questo periodo di quarantena per l’emergenza Coronavirus. Netflix e YouTube, e successivamente anche altre piattaforme, hanno ridotto il loro bitrate nell’Unione Europea e nel Regno Unito. Perché? Per evitare il blocco della rete Internet a causa dell’altissimo numero di utenti sempre connessi perché bloccati in casa.   La richiesta della Commissione Europea a Netflix e YouTube   La Commissione Europea aveva chiesto alle due piattaforme di rinunciare all’HD per cercare di limitare il consumo di banda, di per sé già sotto stress a causa della quarantena imposta ai cittadini di diversi Paesi europei. Ad annunciare le richieste è stato il commissario europeo per il Mercato interno e i servizi, Thierry Breton. Con un tweet ha infatti annunciato di aver discusso con il CEO di Netflix, Reed Hasting, per cercare di non sovraccaricare Internet. Del resto questa clausura imposta per arginare la diffusione del Covid-19 ha portato moltissime aziende a optare per lo smart working, e occorreva trovare una soluzione per non mettere sotto pressione le infrastrutture. Guardare film e serie tv, o anche seguire i propri youtuber preferiti, è quasi un gesto consolatorio in questo periodo, un po’ per non sentirsi soli, un po’ per scandire il tempo. Ecco perché la Commissione Europea ha chiesto a Netflix e YouTube di passare ad una definizione più bassa. Sottolineando l’importanza di garantire che Internet continui a funzionare senza intoppi in questa improvvisa situazione d’emergenza.   La scelta di Netflix   Netflix ha colto al volo le preoccupazioni della Commissione Europea e, giovedì sera, ha annunciato la riduzione dei bitrate. Ma cos’è esattamente il bitrate? Il bitrate non è altro che un indicatore della quantità di dati emessa entro un certo periodo di tempo. Più è alto più, generalmente, viene associato ad alta qualità. Secondo la celebre piattaforma di streaming quest’operazione dovrebbe ridurre il suo peso del 25%, riuscendo comunque a garantire un buon servizio ai suoi abbonati.   E a seguire quella di YouTube e di altre piattaforme   Anche YouTube sembra aver trovato una soluzione simile,  scegliendo di abbassare la qualità di default impostata dalla piattaforma. L’idea è quella di impostare come risoluzione di default i 360 o i 480p, lasciando tuttavia all’utente la possibilità di passare all’HD o al Full HD in qualsiasi momento. In più negli ultimi giorni praticamente tutte le piattaforme di streaming hanno annunciato di aver accettato l’invito dell’UE: anche Amazon Prime Video, Disney+ ed Apple TV+ hanno fatto lo stesso.   Cosa cambia con le scelte di Netflix e YouTube?   Una cosa è certa: all’atto pratico cambierà poco per gli utenti. L’abbassamento del bitrate non ridurrà drasticamente la qualità video, anzi. Tuttavia gli abbonamenti che Netflix propone sono legati a standard qualitativi ben precisi e hanno un costo maggiore se l’utente sceglie il 4K. Come farà Netflix a rispettare sia gli accordi contrattuali che la richiesta avanzata dall’Unione Europea? Punta sulle capacità di adattare la qualità dello streaming alla banda disponibile. Nelle zone e negli orari di maggiore traffico, quindi, potrebbe non esserci più la possibilità di vedere contenuti in 4K; in momenti meno affollati sì. Comunque tutte le piattaforme garantiscono che, nonostante l’abbassamento dei bitrate, non ci saranno assolutamente problemi di caricamento.